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atto terzo 291


Lá non avrò custode,

che vegliando assicuri i miei riposi;
ma i sospetti gelosi
alle placide notti
non verranno a recar sonni interrotti.
Non fumeran le mense
di rari cibi in lucid’oro accolti;
ma i frutti, ai rami tolti
di propria man, non porteranno, aspersi
d’incognito veleno,
sconosciuta la morte in questo seno.
Andrò dal monte al prato,
ma con Alceste a lato;
scorrerò le foreste,
ma sará meco Alceste. E sempre il sole,
quando tramonta e l’occidente adorna,
con te mi lascerá,
con te mi troverá quando ritorna.
Alceste. Cleonice adorata, in queste ancora
felicitá sognate,
amabili deliri
d’alma gentil che nell’amore eccede,
oh come chiaro il tuo bel cor si vede!
Ma son vane lusinghe
d’un acceso desio...
Cleonice.   Lusinghe vane!
Di ricusare un regno
capace non mi credi?
Alceste.   E tu capace
mi credi di soffrirlo? Ah! bisognava
celar, bella regina,
meglio la tua virtude e meno amante
farmi della tua gloria. Io fra le selve
la tua sorte avvilir? L’anime grandi
non son prodotte a rimaner sepolte
in languido riposo; ed io sarei