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268 ix - demetrio


veder, ne’ mali suoi,

ridotto Alceste a confidarsi in voi.
          Non v’è piú barbaro
     di chi non sente
     pietá d’un misero,
     d’un innocente,
     vicino a perdere
     l’amato ben.
          Gli astri mi uccidano,
     se reo son io:
     ma non dividano
     dal seno mio
     colei ch’è l’anima
     di questo sen. (parte)

SCENA III

Olinto e Mitrane.

Olinto. La caduta d’Alceste alfin, Mitrane,

m’assicura lo scettro. Io con la speme
ne prevengo il piacer.
Mitrane.   Fidarsi tanto
non deve il saggio alle speranze. Un bene
con sicurezza atteso, ove non giunga,
come perdita affligge. E poi t’inganni,
se divenir felice
speri cosí. Felicitá sarebbe
il regno inver, se i contumaci affetti
rispettassero il trono; onde, cingendo
la clamide real, piú non restasse
altro a bramar. Ma da un desire estinto
germoglia un altro, e nel cambiare oggetto
non scema di vigor. Se pace adesso