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atto primo 265


SCENA XV

Barsene.

Infelice cor mio, qual altro attendi

disinganno maggiore? Indarno aspiri
ad espugnar la fedeltá d’Alceste.
Ma pur, chi sa? la tolleranza, il tempo
forse lo vincerá. Vince de’ sassi
il nativo rigor picciola stilla
collo spesso cader. Rovere annosa
cede ai colpi frequenti
d’assidua scure. E se m’inganno? Oh Dio!
Temo che l’idol mio,
nel conservarsi al primo amor costante,
sia piú fermo de’ sassi e delle piante.
          Vorrei da’ lacci sciogliere
     quest’alma prigioniera:
     tu non mi fai risolvere,
     speranza lusinghiera:
     fosti la prima a nascere,
     sei l’ultima a morir.
          No, dell’altrui tormento
     no, che non sei ristoro;
     ma servi d’alimento
     al credulo desir.