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262 ix - demetrio


appieno il tuo desio,

ecco finito ogni tormento.
Cleonice.   Oh Dio!
Barsene. Tu sospiri? Io non vedo
ragion di sospirar. L’amato bene
in questo punto acquisti, e ancor non sai
le luci serenar torbide e meste?
Cleonice. Cara Barsene, ora ho perduto Alceste.
Barsene. Come «perduto»?
Cleonice.   E vuoi
che siano i miei vassalli
di me piú generosi? Il genio mio
sará dunque misura
de’ merti altrui? Senza curar di tanti
il sangue illustre, io porterò sul trono
un pastorello a regolar l’impero?
Con qual cor, con qual fronte? Ah! non fia vero.
La gloria mia mi consigliò sinora
l’invidia a superar; ma, quella oppressa,
or mi consiglia a superar me stessa.
Barsene. Alceste che dirá?
Cleonice.   Se m’ama Alceste,
amerá la mia gloria: andrá superbo
che la sua Cleonice
si distingua cosí co’ propri vanti
dalla schiera volgar degli altri amanti.
Barsene. Non so se in faccia a lui
ragionerai cosí.
Cleonice.   Questo cimento,
amica, io fuggirò. Non so se avrei
virtú di superarmi. È troppo avvezzo
ad amarlo il mio cor. Se vincer voglio,
non veder piú quel volto a me conviene.