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atto primo 261


Barsene. (Oh gelosia!)

Cleonice.   Decise
il Consiglio, o Fenicio? (a Fenicio, che sopraggiunge)
Fenicio.   Appunto.
Cleonice.   Il resto,
senza che parli, intendo.
Il mio regno finí.
Fenicio.   Meglio, o regina,
giudica della Siria. I tuoi vassalli
per te, piú che non credi,
han rispetto ed amore. Arbitra sei
di sollevar qual piú ti piace al trono.
Il tuo voler sovrano,
in qualunque si scelga,
di chiara stirpe o di progenie oscura,
ciascuno adorerá, ciascuno il giura.
Cleonice. Come! in sí brevi istanti
sí da prima diversi?
Fenicio.   Ah! tu non sai
quanta fede è ne’ tuoi: nel gran consesso
tutto si palesò. Chi del tuo volto,
chi del tuo cor, chi della mente i pregi
a gara rammentò; chi tutto il sangue
offerse in tua difesa; e, in mezzo a questo
impeto di piacer, regina, oh come
s’udia sonar di Cleonice il nome!
Barsene. (Infelice amor mio!)
Cleonice.   Vanne: al Consiglio
riporta i sensi miei. Di’ che ’l mio core
a tai prove d’amore
insensibil non è; che fia mia cura
che non si penta il regno
di sua fiducia in me: che grata io sono.
Fenicio. (Ecco in Alceste il vero erede al trono.) (parte)
Barsene. Vedi come la sorte
i tuoi voti seconda. Ecco appagato