Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto primo | 259 |
crescer vede un arboscello,
si affatica intorno a quello
il geloso agricoltor.
Ma da lui rivolge il piede,
se lo vede in su le sponde
tutto rami e tutto fronde,
senza frutto e senza fior. (parte)
SCENA X
Olinto ed Alceste.
vuol ch’io virtude apprenda. E bene, Alceste,
comincia ad erudirmi. Ah! renda il cielo
cosí l’ingegno mio facile e destro,
che non faccia arrossir sí gran maestro.
Alceste. Signor, quei detti amari
soffro solo da te. Senza periglio
tutto può dir chi di Fenicio è figlio.
Olinto. Io poco saggio invero
ragionai col mio re. Signor, perdona
se offendo in te la maestá del soglio.
Alceste. Olinto, addio. Piú cimentar non voglio
la sofferenza mia. Tu scherzi meco,
m’insulti, mi deridi,
e del rispetto mio troppo ti fidi.
Scherza il nocchier talora
coll’aura che si desta;
ma poi divien tempesta,
che impallidir lo fa.
Non cura il pellegrino
picciola nuvoletta;
ma, quando men l’aspetta,
quella tonando va. (parte)