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252 ix - demetrio


Primo coro.   Venga Giove ed abbia a lato

  gli altri dèi, la Sorte e ’l Fato;
Secondo coro.   ma non abbia in questa riva
  i suoi fulmini con sé.
Coro.   Ogni nume ed ogni diva
  sia presente al gran momento,
  che palesa il nostro re.

Nel tempo che si canta il suddetto coro, Cleonice, servita da Fenicio, va in trono a sedere.

Olinto. Dal tuo labbro, o regina, il suo monarca

la Siria tutta impaziente attende.
Risolvi. Ognuno il gran momento affretta
con silenzio modesto.
Cleonice. Sedete. (Oh dèi, che gran momento è questo!)
  (siedono Fenicio, Olinto e gli altri grandi)
Fenicio. (Che mai farò?)
Cleonice.   Voi m’innalzaste al trono:
son grata al vostro amor; ma troppo è il peso
che uniste al dono. E chi, fra tanti uguali
di merti e di natali,
incerto non saria? Ne’ miei pensieri
dubbiosa, irresoluta, or questo, or quello
ricuso, eleggo; e mille faccio e mille
cangiamenti in un’ora.
A sceglier vengo e sono incerta ancora.
Fenicio. E ben, prendi, o regina,
maggior tempo a pensar.
Olinto.   Come!
Fenicio.   T’accheta.
Teco tanto indiscreta (a Cleonice)
non è la Siria; e ognun di noi conosce
quanto è grande il cimento.
Olinto.   È dunque poco
il giro di tre lune? In questa guisa,
Cleonice, potrai
prometter sempre e non risolver mai.