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222 | viii - adriano in siria |
SCENA XV [XIV]
Farnaspe incatenato fra le guardie romane, ed Emirena.
a salvarti e morir. L’ultimo dono
forse ottenni dal ciel, ma non la sorte
che tu debba la vita alla mia morte.
Emirena. Deh! pietosi ministri,
disciogliete que’ lacci, o meco almeno
dividetene il peso.
Farnaspe. Ah! perché mai
fra’ labbri io morirò.
Addio, mia vita, addio,
non piangere il mio fato;
misero non son io:
sei fida, ed io lo so. (parte)
SCENA XVI
Emirena sola.
sieno a’ propri sollievo, a me pensate,
anime sventurate. Avrete pace
nel veder quanto sia
della vostra peggior la sorte mia.
Infelice invan mi lagno,
qual dolente tortorella,
che, cercando il suo compagno,
lo ritrova prigionier.
Sempre quella ov’ei soggiorna,
vola e parte, e fugge e torna,
com’io vo fra le catene
il mio bene a riveder. (parte)