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varianti 221


Sabina.   E di te stesso

prendi sí poca cura? Ove t’inoltri
fra’ notturni tumulti? Un traditore
non potresti incontrar? Forse che ad arte
fu desto questo incendio. Il reo si scopra
pria di fidarti.
Adriano.   È giá scoperto il reo.
Lo conosco. È Farnaspe. Amor lo spinse
all’atto disperato; in mezzo all’opra
fu còlto da’ custodi; è fra catene:
non v’è piú da temer. (tutto con fretta, partendo)
Sabina.   Dunque lo stolto...
Adriano. (Se non trovo Emirena, io nulla ascolto.) (parte)

SCENA XIV

Sabina e poi Emirena.

Sabina. Senti... Come mi lascia!

Che disprezzo crudel! Tutto si soffra.
Seguiamo i passi suoi. (in atto di partire)
Emirena.   Soccorso! aita!
Sabina.
Sabina.   Eterni dèi!
Mancava ad insultarmi anche costei.
Emirena. Che avvenne, Augusta?
Sabina.   E a me lo chiedi? Intendo:
vuoi che de’ tuoi trionfi
t’applaudisca il mio labbro. È vero, è vero,
son que’ begli occhi tuoi
rei di mille ferite. A lor talento
si sconvolgono i regni. Ognun t’adora;
ti cede ogni beltá. Sparta non vanti
la combattuta greca: ostenta ancora
le meraviglie sue l’etá novella;
tu sei l’Elena nostra, e Troia è quella.
  (accenna le fiamme)
Emirena. Ah! qual senso nascoso
celano i detti tui?
Sabina. Farnaspe tel dirá. Chiedilo a lui. (parte)