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varianti 219


SCENA VIII

Sabina. Sposo, Augusto, signor, questo è il momento

che tanto io sospirai: giunse una volta.
Son pur vicina a te. Che vita amara
trassi da te divisa! Il tuo coraggio
quanto tremar mi fece! In ogni impresa
ti seguitai con l’alma
fra le barbare schiere e le latine.
Soffri che adorno alfine

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Adriano.   Perdona: altrove

grave cura mi chiama.
Sabina.   Io non ritrovo
in Cesare Adriano. Ah! se l’impero
la pace t’involò, si lasci, o sposo:
vai piú di mille imperi il tuo riposo.
Adriano.   È vero che oppresso
     la sorte mi tiene;
     ma reo di mie pene
     l’impero non è.
          Io formo a me stesso
     l’affanno che provo:
     sul soglio nol trovo,
     lo porto con me. (parte)

SCENA X

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Aquilio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

(Si turba il mar: facciam ritorno al lido.)
          Vuoi punir l’ingrato amante?
     Non curar novello amore:
     tanto sèrbati costante,
     quanto infido egli sará.