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atto terzo 211


SCENA ULTIMA

Emirena, Farnaspe e detti.

Emirena. Ah, Cesare, pietá!

Farnaspe.   Pietá, signore!
Emirena. Rendimi il padre mio.
Farnaspe. Conservami il mio re.
Emirena.   Rendilo; e poi
eccomi tua, se vuoi.
Adriano.   Che?
Farnaspe.   Sí: ti cedo
l’impero di quel cor.
Adriano.   Tu?
Emirena.   Sí: sarai
tu il nume mio. Per quel sereno il giuro
raggio del ciel che nel tuo volto adoro,
per quel sudato alloro
che porti al crin, per questa invitta mano,
ch’è sostegno del mondo,
ch’io bacio... (s’inginocchia)
Adriano.   Ah! sorgi: ah! taci. (È donna o dea?
Quando m’innamorò, cosí piangea.)
Sabina. (Qual contrasto in quel petto
fan l’onore e l’affetto!)
Adriano. (Se alla ragione io cedo,
perdo Emirena: e se all’amor mi fido,
la mia Sabina uccido. Ah, qual cimento,
quale angustia crudele!)
Sabina. (E pur mi fa pietá, benché infedele.)
Emirena. Cesare, e non risolvi?
Sabina.   Augusto, alfine...
Adriano. Ah! per pietá non tormentarmi. Io tutto
quanto dir mi potrai,
tutto, Sabina, io so.