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206 | viii - adriano in siria |
un veleno, una morte,
qualunque sia.
Emirena. Padre, che dici? Queste
sarian prove d’amor? La figlia istessa
scellerata dovrebbe... Ah! senza orrore
non posso immaginarlo. Invan lo speri.
Il cor l’opra abborrisce; e, quando il core
fosse tanto inumano,
sapria nell’opra istupidir la mano.
Osroa. Va’! ti credea piú degna
dell’origine tua. Tremi di morte
al nome sol! Con piú sicure ciglia
riguardarla dovria d’Osroa una figlia.
Non ritrova un’alma forte
che temer nell’ore estreme:
la viltá di chi lo teme
fa terribile il morir.
Non è ver che sia la morte
il peggior di tutti i mali:
è un sollievo de’ mortali,
che son stanchi di soffrir. (parte)
SCENA VII
Emirena e poi Farnaspe.
appigliarmi dovrò?
Farnaspe. (con fretta) Corri, Emirena.
Emirena. Dove?
Farnaspe. Ad Augusto.
Emirena. E perché mai?
Farnaspe. Procura
che il comando rivochi
contro il tuo genitore.