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atto terzo 201


tutto accordar vorrei: trovo per tutto

qualche scoglio a temer. Scelgo, mi pento:
poi d’essermi pentito
mi ritorno a pentir. Mi stanco intanto
nel lungo dubitar, tal che dal male
il ben piú non distinguo. Alfin mi veggio
stretto dal tempo, e mi risolvo al peggio.
Aquilio. Eh! finisci una volta
di tormentar te stesso. Hai quasi in braccio
la bella che sospiri, e non ardisci
di stringerla al tuo seno? Io non ho core
di vederti soffrir. Vado de’ parti
ad introdurre il re.
Adriano.   Senti. E se poi...
Aquilio. Non piú dubbi, signor.
Adriano.   Fa’ quel che vuoi.
 (Aquilio parte)

SCENA IV

Adriano, poi Osroa ed Aquilio.

Adriano. Che dir può il mondo? Alfine

il conservar la vita
è ragion di natura: e in tanta pena
io viver non saprei senza Emirena.
Osroa. Che si chiede da me?
Adriano.   Che il re de’ parti
sieda e m’ascolti: e, se non pace, intanto
abbia triegua il suo sdegno. (siede)
Osroa. A lunga sofferenza io non m’impegno. (siede)
Aquilio. (Del mio destin si tratta.)
Adriano.   Osroa, nel mondo
tutto è soggetto a cambiamento, e strano
saria che gli odii nostri