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atto secondo 193


Farnaspe.   Io son di sasso.

Emirena. (Ah, siam scoperti!) (s’avanza ad ascoltare)
Adriano.   Istupidisci, ingrato,
perché vivo mi vedi? A me credesti
di trafiggere il sen. L’empio disegno
con voci ingiuriose
nel ferir palesasti.
Emirena.   (Ecco l’errore.
Colui che si nascose è il traditore.)
Adriano. Perfido! non rispondi? A che venisti?
Qual disegno t’ha mosso?
Chi sciolse i lacci tuoi? Parla.
Farnaspe.   Non posso.
Adriano. Non puoi? Si tragga a forza
nel carcere piú nero il delinquente.
Emirena. Fermatevi! sentite! egli è innocente.
  (si scopre con impeto)
Farnaspe. Aimè!
Emirena.   Tra quelle fronde
il traditor s’asconde. Eccolo...
  (s’incammina verso Osroa)
Farnaspe.   Oh Dio!
Ferma!
Emirena.   Vedilo, Augusto. (accennando Osroa, che s’avanza)
Osroa.   È ver, son io.
Emirena. Ah, padre! (resta immobile)
Adriano.   Il re de’ parti
in abito romano! E quanti siete,
scellerati! a tradirmi?
Osroa.   Io solo, io solo
ho sete del tuo sangue. Il colpo errai;
ma, se mi lasci in vita,
il fallo emenderò.
Adriano.   Cosí fra l’ombre
assalirmi, infedel? Coglier l’istante
che inciampo e cado al suol?