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184 viii - adriano in siria


Emirena.   Ah, se potesse

riuscire il pensier!
Sabina.   Vanne: è sicuro.
A partir ti prepara. Al maggior fonte
de’ cesarei giardini
col tuo sposo verrò. Colá m’attendi
prima che ascenda a mezzo corso il sole.
Emirena. Ma verrai? Del destino
son tanto usata a tollerar lo sdegno...
Sabina. Ecco la destra mia: prendila in pegno.
Emirena. Ah! che a sí gran contento
è quest’anima angusta.
Oh me felice! oh generosa Augusta!
          Per te d’eterni allori
     germogli il suol romano:
     de’ numi il mondo adori
     il piú bel dono in te.
          E quell’augusta mano,
     che porgermi non sdegni,
     regga il destin de’ regni,
     la libertá dei re. (parte)

SCENA III

Sabina, poi Adriano, indi Aquilio.

Sabina. Chi sa! Quando lontana

Emirena sará, forse ritorno
fará ’l mio sposo al primo amor. Non dura
senz’ésca il fuoco, e inaridisce il fiume,
separato dal fonte onde partissi.
Adriano. Emirena, mio ben... (Numi, che dissi!) (vuol partire)
Sabina. Perché fuggi, Adriano? Un sol momento
non mi negar la tua presenza, e poi
torna al tuo ben, se vuoi.