Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. II, 1913 – BEIC 1884499.pdf/189


atto secondo 183


Credimi, principessa...

Addio: gente s’appressa.
Adriano sará, che s’avvicina. (parte)

SCENA II

Sabina ed Emirena.

Sabina. (Stelle! È qui la rival!)

Emirena.   (Numi! È Sabina!)
Sabina. Veramente tu sei,
piú di quel che credei,
ufficiosa e attenta. Estinto appena
è l’incendio notturno, e giá ti trovo
nelle stanze d’Augusto.
Emirena.   Oh Dio, Sabina,
che ingiustizia è la tua! L’amor d’Augusto
non è mia colpa, è pena mia. M’affanno
di Farnaspe al periglio: ecco qual cura
mi guida a queste soglie. Ho da vederlo
perir cosí senza parlarne? Alfine
Farnaspe è l’idol mio. Gli diedi il core:
e ha remoti principi il nostro amore.
Sabina. Parli da senno, o fingi?
Emirena.   Io fingerei,
se cosí non parlassi.
Sabina.   E non t’avvedi
che, parlando per lui, Cesare irríti?
Emirena. Ma non trovo altra via.
Sabina.   Quando tu voglia,
una miglior ve n’è. Da questa reggia
fuggi col tuo Farnaspe. È suo custode
Lentulo il duce. A’ miei maggiori ei deve
quantunque egli è: se ne rammenta, e posso
promettermi da lui d’un grato core
anche prove piú grandi.