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164 viii - adriano in siria


Aquilio. Chiede il parto Farnaspe

di presentarsi a te. (ad Adriano)
Adriano.   Venga e s’ascolti.
  (Aquilio parte; Adriano sale sul trono e parla in piedi)
Valorosi compagni,
voi m’offrite un impero
non men col vostro sangue
che col mio sostenuto, e non so come
abbia a raccoglier tutto
de’ comuni sudori io solo il frutto.
Ma, se al vostro desio
contrastar non poss’io, farò che almeno
nel grado a me commesso
mi trovi ognun di voi sempre l’istesso.
A me non servirete:
alla gloria di Roma, al vostro onore,
alla pubblica speme,
come finor, noi serviremo insieme. (siede)
Coro.   Vivi a noi, vivi all’impero,
     grande Augusto, e la tua fronte
     su l’Oronte prigioniero
     s’accostumi ai sacro allòr.

Nel tempo che si ripete il coro, passano il ponte Farnaspe ed Osroa sconosciuto, con tutto il séguito de’ parti. Sono preceduti da Aquilio, che li conduce.

Farnaspe. Nel dì che Roma adora

il suo Cesare in te, dal ciglio augusto,
da cui di tanti regni
il destino dipende, un guardo volgi
al principe Farnaspe. Ei fu nemico;
ora al cesareo piede
l’ire depone, e giura ossequio e fede.
Osroa. Tanta viltá, Farnaspe,
necessaria non è. (piano a Farnaspe)
Adriano.   Madre comune
d’ogni popolo è Roma, e nel suo grembo