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128 vii - artaserse


Semira. Dunque invano sperai?
Megabise.  Sperasti invano.
Semira. Dunque il pianto...
Megabise.  Non giova.
Semira. Queste preghiere mie...
Megabise.  Son sparse a’ venti.
Semira. E bene, al padre ubbidirò; ma senti:
non lusingarti mai
ch’io voglia amarti. Abborrirò costante
quel funesto legame
che a te mi stringerá. Sarai, lo giuro,
oggetto agli occhi miei sempre d’orrore:
la mano avrai, ma non sperare il core.
Megabise. Non lo chiedo, o Semira. Io mi contento
di vederti mia sposa. E per vendetta,
se ti basta di odiarmi,
odiami pur, ch’io non saprò lagnarmi.
               Non temer ch’io mai ti dica
          «alma infida», «ingrato core»:
          possederti ancor nemica
          chiamerò felicitá.
               Io detesto la follia
          d’un incomodo amatore,
          che a’ pensieri ancor vorria
          limitar la libertá. (parte)

SCENA VI

Semira, poi Mandane.

Semira. Qual serie di sventure un giorno solo
unisce a’ danni miei! Mandane, ah! senti.
Mandane. Non m’arrestar, Semira.
Semira.  Ove t’affretti?
Mandane. Vado al real Consiglio.