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atto secondo 127

SCENA V

Semira e Megabise.

Semira. Ascolta, o Megabise. Io mi lusingo
alfin dell’amor tuo. Posso una prova
sperarne a mio favor?
Megabise.  Che non farei,
cara, per ubbidirti?
Semira.  E pure io temo
le ripugnanze tue.
Megabise.  Questo timore
dilegui un tuo comando.
Semira.  Ah! se tu m’ami,
questi imenei disciogli.
Megabise.  Io?
Semira.  Sí, salvarmi
del genitor cosí potrai dall’ira.
Megabise. T’ubbidirei, ma parmi
ch’ora meco scherzar voglia Semira.
Semira. Io non parlo da scherzo.
Megabise.  Eh! non ti credo.
Vuoi cosí tormentarmi: io me n’avvedo.
Semira. Tu mi deridi. Io ti credei finora
piú generoso amante.
Megabise.  Ed io piú saggia
finora ti credei.
Semira.  D’un’alma grande
che bella prova è questa!
Megabise. Che discreta richiesta
da farsi a un amator!
Semira.  T’apersi un campo,
ove potevi esercitar con lode
la tua virtú senz’essermi molesto.
Megabise. La voglio esercitar, ma non in questo.