Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. II, 1913 – BEIC 1884499.pdf/120

114 vii - artaserse


Arbace. I primi affetti tui,
signor, non perda un innocente oppresso.
se mai degno ne fui, lo sono adesso.
Artabano. Audace! E con qual fronte
puoi domandargli amor? Perfido figlio!
il mio rossor, la pena mia tu sei.
Arbace. Anche il padre congiura a’danni miei!
Artabano. Che vorresti da me? Ch’io fossi a parte
de’ falli tuoi nel compatirti? Eh! provi, (ad Artaserse)
provi, o signor, la tua giustizia. Io stesso
sollecito la pena. In sua difesa
non gli giovi Artabano aver per padre.
Scòrdati la mia fede, obblia quel sangue,
di cui, per questo regno
tante volte pugnando, i campi aspersi:
coll’altro, ch’io versai, questo si versi.
Artaserse. Oh fedeltá!
Artabano.  Risolvi, e qualche affetto
se ti resta per lui, vada in obblio.
Artaserse. Risolverò, ma con qual core... Oh Dio!
          Deh respirar lasciatemi
     qualche momento in pace!
     Capace di risolvere
     la mia ragion non è.
          Mi trovo in un istante
     giudice, amico, amante,
     e delinquente e re. (parte)

SCENA XII

Mandane, Semira, Arbace, Artabano, Megabise e guardie.

Arbace. E innocente dovrai
tanti oltraggi soffrir, misero Arbace? (da sé)
Megabise. (Che avvenne mai!)
Semira.  (Quante sventure io temo!)