Sperai fra queste mura
tutta l’Asia mirar; ma non sperai
in sembianza viril sul trono assiro
di ritrovar la sospirata e pianta
principessa d’Egitto
Semiramide.
Semiramide. Ah! taci: in questo luogo
Nino ciascun mi crede, e il palesarmi
vita, regno ed onor potria costarmi.
Sibari. Che ascolto! È teco Idreno?
Che fa? dov’è?
Semiramide. Di quell’ingrato il nome
non rammentarmi. Abbandonai con lui
la patria, il regno, il genitor, le nozze
del monarca numida;
e pur, nol crederai, l’istesso Idreno,
che m’indusse a fuggir, tentò svenarmi.
Sibari. Quando?
Semiramide. La notte istessa
ch’io seco andai, del Nilo
dalla pendente riva
ei mi gettò ferita e semiviva.
Sibari. Ma la cagione?
Semiramide. Oh Dio!
La cagione io non so.
Sibari. (La so ben io.)
Come restasti in vita?
Semiramide. Unica e lieve
fu la ferita; e la selvosa sponda
co’ pieghevoli salci
la caduta scemò, mi tolse a morte.
Sibari. Qual fu poi la tua sorte?
Semiramide. In mille guise
spoglia e nome cangiai;
scorsi cittadi e selve;
fra tende e fra capanne