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atto primo 101


m’empiono di terror. Gelo in udirti
cosí con pena articolar gli accenti.
Parla! Dimmi! Che fu?
Artabano.  Sei vendicato:
Serse morí per questa man.
Arbace.  Che dici!
Che sento! Che facesti!
Artabano.  Amato figlio,
l’ingiuria tua mi punse:
son reo per te.
Arbace.  Per me sei reo? Mancava
questa alle mie sventure! Ed or che speri?
Artabano. Una gran tela ordisco:
forse tu regnerai. Parti: al disegno
necessario è ch’io resti.
Arbace. Io mi confondo in questi
orribili momenti.
Artabano.  E tardi ancora?
Arbace. Oh Dio!
Artabano.  Parti; non piú: lasciami in pace.
Arbace. Che giorno è questo, o disperato Arbace!
               Fra cento affanni e cento
          palpito, tremo e sento
          che freddo dalle vene
          fugge il mio sangue al cor.
               Prevedo del mio bene
          il barbaro martíro,
          e la virtú sospiro,
          che perde il genitor.

Mentre Arbace canta l’aria, Artabano, che non l’ode, va sospettoso, spiando intorno ed ascoltando, per poter regolarsi a seconda di quello che veda o senta. Dopo l’aria, Arbace parte.