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100 vii - artaserse


Ah! non pianger, ben mio. Senza quel pianto
son debole abbastanza. In questo caso
io ti voglio crudel. Soffri ch’io parta:
la crudeltá del genitore imita. (in atto di partire)
Mandane. Ferma, aspetta! Ah! mia vita,
io non ho cor che basti
a vedermi lasciar: partir vogl’io.
Addio, mio ben.
Arbace.  Mia principessa, addio.
               Mandane. Consèrvati fedele;
          pensa ch’io resto e peno,
          e qualche volta almeno
          ricòrdati di me:
               ch’io per virtú d’amore,
          parlando col mio core,
          ragionerò con te. (parte)

SCENA II

Arbace, poi Artabano con ispada nuda insanguinata.

Arbace. Oh comando! Oh partenza!
Oh momento crudel, che mi divide
da colei per cui vivo, e non m’uccide!
Artabano. Figlio! Arbace!
Arbace.  Signor.
Artabano.  Dammi il tuo ferro.
Arbace. Eccolo.
Artabano.  Prendi il mio: fuggi, nascondi
quel sangue ad ogni sguardo.
Arbace. (guardando la spada) Oh dèi! qual seno
questo sangue versò?
Artabano.  Parti: saprai
tutto da me.
Arbace.  Ma quel pallore, o padre,
quei sospettosi sguardi