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atto secondo | 35 |
vergognosa minaccia Enea non soffre.
Ecco, per soddisfarti, io snudo il ferro;
ma prima i sensi miei
odan gli uomini tutti, odan gli dèi.
Io son d’Araspe amico;
io debbo la mia vita al suo valore;
ad onta del mio core,
discendo al gran cimento,
di codardia tacciato;
e, per non esser vil, mi rendo ingrato. (in atto di battersi)
SCENA VIII
Selene e detti.
Selene. Tanto ardir nella reggia? Olá, fermate!
Cosí mi serbi fé? Cosí difendi,
Araspe traditor, d’Enea la vita?
Enea. No, principessa: Araspe
non ha di tradimenti il cor capace.
Selene. Chi di Iarba è seguace
esser fido non può.
Araspe. Bella Selene,
puoi tu sola avanzarti
a tacciarmi così.
Selene. T’accheta e parti.
Araspe. Tacerò, se tu lo brami;
ma fai torto alla mia fede,
se mi chiami traditor.
Porterò lontano il piede;
ma di questi sdegni tuoi
so che poi tu avrai rossor. (parte)