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386 v - alessandro nell'indie


Cleofide. Io sposa d’Alessandro?
Che ascolto mai!
Alessandro.  Di questa, agli occhi altrui
forse dubbia, pietá la gloria mia
si risente gelosa; e basta appena,
regina, il tuo periglio,
perché ceda il mio core a tal consiglio.
Cleofide. (Che dirò?)
Alessandro.  Non rispondi?
Cleofide.  È grande il dono;
ma il mio destin..., la tua grandezza... Ah! cerca
un riparo migliore.
Alessandro.  E qual riparo,
quando il campo ribelle
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
Alessandro. (E fia ver che mi vinca
un barbaro in virtú?)
Gandarte.  Che fai? Che pensi?
Per disciogliere Asbite,
per la vita di lei, bastar ti deve
ch’offra un monarca alle ferite il petto.
Alessandro. No, Poro, queste offerte io non accetto.
Voglio...
Gandarte.  Vuoi tutti estinti, e ti compiaci
che manchi ogni nemico...
Alessandro.  Ascolta, e taci.
Teco libero Asbite
ritorni, o Poro, e quell’istessa via,
che fra noi ti condusse,
allo sdegno de’ greci anche t’involi.
Gandarte. Ma qui frattanto, infra i perigli avvolta,
Cleofide dovrá...
Alessandro.  Ma tutto ascolta.
Cleofide è mia preda, ecc.

SCENA XIV [XIII]

.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
Gandarte. Di vassallo e d’amico
ho compíto il dover. Pensiamo intanto