Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/371


varianti 365


SCENA II

.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
Alessandro.  Olá! fermate
Abbastanza finora
versò d’indico sangue il greco acciaro.
Tregua alle stragi. (a Timagene) Aduna
le disperse falangi, e in esse affrena
di vincere il desio. Scema il soverchio
uso della vittoria
il merto al vincitor: ne’ miei seguaci
chiedo virtude alla fortuna uguale.
Timagene. Il cenno eseguirò. (parte)
Poro.  (Questi è il rivale.)
Alessandro. Guerrier, chi sei?
Poro.  Se mi richiedi il nome,
mi chiamo Asbite; se il natal, sul Gange
io vidi il primo dí; se poi ti piace
saper le cure mie, per genio antico
son di Poro seguace e tuo nemico.
Alessandro. (Come ardito ragiona!) E quali offese
tu soffristi da me?
Poro.  Quelle che soffre
il resto della terra. E qual ragione
a’ regni dell’aurora
guida Alessandro a disturbar la pace?
Sono i figli di Giove
inumani cosí? Per far contrasto
alla tua strana aviditá d’impero,
dunque ti oppone invano
l’Asia le sue ricchezze; invan feconda
è l’Africa di mostri; a noi non giova
l’essere ignoti. Hai tributario ormai
il mondo in ogni loco,
e tutto il mondo alla tua sete è poco.
Alessandro. T’inganni, Asbite. In ogni clima ignoto
se pugnando m’aggiro, i regni altrui
usurpar non pretendo. Io cerco solo,