Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
324 | v - alessandro nell'indie |
SCENA VIII
Poro, Erissena, indi Gandarte.
Poro. Dèi, che tormento è questo!
Va Cleofide al campo, ed io qui resto!
No, no! si siegua. A’ suoi novelli amori
serva di qualche inciampo
la mia presenza. (in atto di partire)
Gandarte. Ove, signore?
Poro. Al campo.
Gandarte. Ferma! non è ancor tempo. Io non invano
tardai finor. Questo real diadema
Timagene ingannò: Poro mi crede;
mi parlò: lo scopersi
nemico d’Alessandro. Assai da lui
noi possiamo sperare.
Poro. Or non è questa
la mia cura maggiore. Al greco duce
Cleofide s’invia.
Gandarte. Ma che paventi?
Erissena. Che figuri per ciò?
Poro. Mille figuro
immagini crudeli
d’infedeltá, vezzi, lusinghe, sguardi.
Che posso dir?
Erissena. Ma saran finti.
Poro. Addio.
Fingendo s’incomincia. Ah! non sapete
quanto è breve il sentiero,
che dal finto in amor conduce al vero.
(parte frettoloso)