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atto terzo 303


morí per colpa mia: non vuo’ che mora
innocente, per Fulvia, il padre ancora.
Valentiniano.  Massimo è fido almeno.
Massimo.  Adesso, Augusto,
colpevole son io. Se quell’indegna
tanto obbliar la fedeltá poteo,
nell’error della figlia il padre è reo.
Puniscimi, assicura
i giorni tuoi col mio morir. Potrebbe
il naturale affetto,
che per la prole in ogni petto eccede,
del padre un dí contaminar la fede.
Valentiniano.  A suo piacer la sorte
di me disponga: io m’abbandono a lei.
Son stanco di temer. Se tanto affanno
la vita ha da costar, no, non la curo:
nelle dubbiezze estreme
per mancanza di speme io m’assicuro.
               Per tutto il timore
          perigli m’addita.
          Si perda la vita,
          finisca il martire;
          è meglio morire,
          che viver cosí.
               La vita mi spiace,
          se il fato nemico
          la speme, la pace,
          l’amante, l’amico
          mi toglie in un dí. (parte)

SCENA XI

Massimo e Fulvia.

Massimo. Parti una volta. Io per te vivo, o figlia,
io respiro per te. Con quanta forza