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ATTO TERZO

SCENA I

Cortile.

Cesare e Fulvio.

Cesare. Tutto, amico, ho tentato: alcun rimorso
piú non mi resta. Invan finsi finora
ragioni alla dimora,
sperando pur che, della figlia al pianto,
d’Utica a’ prieghi e de’ perigli a fronte,
si piegasse Catone. Or so ch’ei volle,
invece di placarsi,
Marzia svenar, perché gli chiese pace,
perché disse d’amarmi. Andiamo: ormai
giusto è il mio sdegno; ho tollerato assai.
 (in atto di partire)
Fulvio. Ferma! Tu corri a morte.
Cesare. Perché?
Fulvio.  Giá su le porte
d’Utica v’è chi nell’uscir ti deve
privar di vita.
Cesare.  E chi pensò la trama?
Fulvio. Emilia. Ella mel disse; ella confida
nell’amor mio, tu ’l sai.
Cesare.  Coll’armi in pugno
ci apriremo la via. Vieni.
Fulvio.  Raffrena
questo ardor generoso. Altro riparo
offre la sorte.