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152 | ii - siroe |
non si trascuri il dono.
Siegui i miei passi; ecco la via del trono.
Siroe. È pur vero, idol mio,
che non mi sei nemica? Oh Dio! che pena
il crederti infedele!
Emira. E tu potesti
dubitar di mia fé?
Siroe. Perdona, o cara:
tanto in odio alle stelle oggi mi vedo,
che per mio danno ogn’impossibil credo.
Emira. Ch’io mai vi possa
lasciar d’amare,
non lo credete,
pupille care;
né men per gioco
v’ingannerò.
Voi foste e siete
le mie faville,
e voi sarete,
care pupille,
il mio bel foco,
finch’io vivrò. (parte)
SCENA XIII
Siroe e Medarse.
Medarse. Siroe, giá so qual sorte
sovrasti a un traditor. Piú della pena
mi sgomenta il delitto. Al soglio ascendi:
svenami pur; senza difesa or sono.
Siroe. Prendi, vivi, t’abbraccio e ti perdono.
(gli dá la spada)
Se l’amor tuo mi rendi,
se piú fedel sarai,