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132 ii - siroe


Emira. (Veggio Siroe commosso.
Ah, mi scoprisse mai!)
Siroe.  Parlar non posso.
Cosroe. Odi, Siroe. Se temi
per la vita del reo, paventi invano.
Se quel tu sei, nel confessarlo al padre
te stesso assolvi e ti fai strada al trono.
Se tu non sei, ti dono,
purché noto mi sia, salvo l’indegno.
Ecco, se vuoi, la real destra in pegno.
Emira. (Aimè!)
Siroe.  Quando sicuri
siano dal tuo castigo i tradimenti,
dirò...
Emira.  Non ti rammenti
che il tuo cenno, signor, Laodice attende?
Siroe. (Oh dèi!)
Cosroe.  Lo so: parti.
Emira.  Dirò frattanto...
Cosroe. Di’ ciò che vuoi.
Emira.  T’ubbidirò fedele.
(Perfido! non parlar.) (a Siroe)
Siroe.  (Quanto è crudele!)
Cosroe. Spiégati e ricomponi
i miei sconvolti affetti. Or perché taci?
Perché quel turbamento?
Siroe.  Oh Dio!
Cosroe.  T’intendo:
al nome di Laodice
resister non sapesti. In questo ancora
t’appagherò: giá ti prevenni. Io svelo
la debolezza mia. Laodice adoro;
con mio rossore il dico: e pure io voglio
cederla a te. Sol dalla trama ascosa
assicurami, o figlio, e sia tua sposa.
Siroe. Forse non crederai...