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dopo pranzo. In alcuni casi, non ben definiti sinora, si ottengono immagini più decise per un cielo leggiermente vaporoso, che sotto l’influenza del più bel sereno.

Questi fatti sono certamente maravigliosi; ma non tanto contradditorj ed inconcepibili come in su le prime sembreranno, probabilmente, a molti dei nostri uditori.

Ritorniamo col pensiero sull’esperienza, ove un osservatore faceva percotere sopra un foglio di carta clorurata l’immagine dello spettro solare, e ve la teneva immobile durante una mezz’ora circa. Terminata l’esperienza, si trovava il foglio tutto candido nello spazio dianzi occupato dal rosso dall’aranciato e dal giallo, e bruno nel rimanente dello spettro: la tinta bruna, leggierissima nel verde, s’andava sempre più rinforzando accostandosi all’ultimo limite del violaceo, ove acquistava la sua massima energia.

Giova soggiungere ora, che il cambiamento sofferto dal cloruro d’argento non finisce già con questa estremità dello spettro: ma continua nello spazio oscuro, decrescendo per gradi eguali al suo accrescimento; per modo, che l’intera estensione della porzione annerita è per metà sovrapposta ai colori dello spettro, e per metà sporgente dal limite superiore: d’onde la conseguenza, che oltre i raggi lucidi dotati della potenza chimica, l’irradiazione solare contiene una quantità notabile di raggi oscuri, invisibili, capaci essi pure di eccitare le chimiche reazioni. S’immagini che queste irradiazioni chimiche oscure traversino più copiosamente l’atmosfera in alcune circostanze diverse da quelle che facilitano il passaggio degli efflussi luminosi, e si concepirà come certe ore e certe giornate siano più favorevoli alle operazioni del Dagherrotipo quantunque l’atmosfera conservi la stessa trasparenza, o