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giore della nostra; uecessitá che l’occupatore debba dire a se stesso: o concessione o lotta: necessitá che l’Earopa presenta inevitabile, se non s’adopra, la liivoluzione temuta.» Direbbe, con un Memorandum, air Inghilterra e alle dazioni d’F^uropa: «La questione di Uoma è questione Europea. Avrete guerra e rivoluzione, se non v’affrettate a far che sia sciolta. V^oi proclamaste a base del Diritto Internazionale il Non-Intervento. Mantenete quel Diritto violato in Roma da dodici anni. In nome del Diritto e della Pace d’Europa, noi v’invochiamo mediatrici pacifiche perché la Francia si ritragga.» E, sia armando il paese aia accrescendo rapidamente l’esercito, appoggerebbe la propria parola con 400.000 uomini pronti ad entraie in linea di bartuglia, ove occorra. Davanti a quell’armi, davanti a quel linguaggio, davanti alla pressione Europea, davanti alla cessazione di tutti i vantaggi che l’occupazione e il sistema di concessioni del nostro Governo gli porgono, tra il bivio di perdere per sempre l’appoggio dell’Italia e d’affrontare isolata l’ostilitá dei due terzi d’P^uropa. Luigi Napoleone cederebbe, non v’ ha dubbio alcuno. Nelle presenti condizioni dell’Europa e della Erancia, Luigi Napoleone non può far guerra all’Italia. Egli sa che i due terzi d’ Europa gli si rovescerebbero contro e che la prima battaglia perduta segnerebbe i fati della sua dinastia.

Il Governo d’Italia non può. non sa, non vuole intendere i propri doveri, la propria potenza e le condizioni attuali d’ Europa. Gii uomini che lo compongono non hanno core né Genio.