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ratiere. I suoi fini nella vita sono stati puramente personali: la conquista d’una posizione, il successo, la dominazione. Quando nel 1811 ha raggiunto a Norimberga una posizione soddisfacente ed ha preso moglie, scrive all’amico Niethammer: «Il mio fine terreno è raggiunto: perchè con un impiego ed una buona moglie si ha tutto in questo mondo. Queste sono le cose principali che un uomo deve aver di mira: il resto non sono più capitoli, ma paragrafi e note». Singolari parole per un filosofo! Questo carattere ci spiega molti particolari dell’attitudine assunta da Hegel nella sua carriera, dalla associazione con Schelling a Jena fino al suo rapporto col cristianesimo ecclesiastico. Quando Hegel e Schelling si associarono a Jena per fondare il Giornale critico di filosofia, si sparse per Jena la voce che Schelling — allora già docente all’università e celebre — avesse fatto venire dalla nativa Svevia una specie di masnadiere per sostenerlo nella lotta contro Fichte: questo masnadiero era Hegel. Ed in realtà i due amici non sembrano proporsi nel giornale altro fine che questo: aggredire e deprimere con ogni mezzo, specialmente con lo scherno, tutti quelli che facevano loro ombra, per elevare sè stessi. Ed anche in questa associazione chi fa moralmente la più trista figura è Hegel. Quando venne, nel gennaio 1801, a Jena, Hegel aveva già la sua filosofia e vedeva chiaramente le deficienze di Schelling: tuttavia dichiara di adottarne la filosofia ed è più schellingiano di Schelling. Ciò si capisce: mentre Schelling era già un maestro celebre, Hegel era un ignoto ed aveva bisogno d’appoggiarsi ad un nome, ad un gruppo, per aprirsi la via. Ma quando, nel 1803, Schelling è chiamato a Würzburg, comincia la guerra subdola di Hegel contro di lui. E mentre Schelling, che fu ad Hegel amico generoso, s’informa affettuosamente dell’opera sua, la Fenomenologia, era già stesa e stampata la famosa prefazione in cui Hegel si separava dal suo amico con parole di disprezzo e di scherno. Non parlò poi della condotta di Hegel a Bamberga: mentre Fichte pronunziava a Berlino i famosi Discorsi alla nazione tedesca, Hegel dirigeva a Bamberga un giornale devoto a Napoleone e metteva fedelmente in pratica l’imperativo categorico hegeliano: servire sempre il padrone più forte. E quando dopo il 1818, a Berlino diventa il filosofo ufficiale della reazione prussiana, egli si vale della sua