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348 parte settima

207

     E ’l pio signor, che di cristallo e d’oro
l’imagine adornò de la gran prole,
de la gran Madre ancor con bel lavoro
l’effigie adorna di superba mole,
ricco tempio fondando al simulacro
de la Donna del ciel votivo e sacro;

208

     ove, da lunge erranti e peregrini,
traendo il fianco, i popoli devoti,
al nume verginal supplici e chini,
ergono altari a prova, affiggon voti,
e fan tra sculti argenti e fuse cere
fumare incensi e sfavillar lumiere.

209

     Ed ella, a cui lassú nulla si nega,
con alti effetti e con mirabil’opre,
a mercé di chi piagne e di chi prega
del ciel quaggiú le meraviglie scopre.
Pendon da l’alte mura intorno spasi
ne le tabelle istoriati i casi.

210

     Luci che, ’ngombre di perpetua notte,
non mirâro giá mai raggio celeste,
le tenebre natie disperse e rotte,
le stelle e ’l sole a vagheggiar son deste;
lingue, a cui voce articolar fu tolto,
de’ lor lunghi silenzi il nodo han sciolto;

211

     piante, che per lo suol gravose e tarde
strascinavan serpendo il corpo lasso,
dritte e leggiere e stabili e gagliarde
stendon spedite agevolmente il passo;
viscere giá gran tempo enfiate e grosse
son da l’antica sete alfin riscosse;