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320 parte settima

De l’anello e del letto
l’inventor primo, il primo autor fu questi;
senza costui giá mai
o di talamo unire o d’arder teda
lecito altrui non era. Eccolo alfine,
ch’a l’ombra d’un gran platano, conteste
di lenta e molle cera
sette avene forate, in su que’ fori
alternava le dita,
e con labra fugaci a gonfie gote
ne le canne ineguali,
in lieto mormorio
variando il sottil vento canoro,
articolava il fiato.
Ma, come vide l’amorosa dea,
ristette, e da la man stupida e lenta
la fistula sonora
ammutolita a piè lasciò cadersi.
Oh qual nel giovinetto
di modesta beltá luce risplende!
Di dolce foco un tremolante lampo
raggia negli occhi, ove gentil sorriso
temprato d’onestá sempre scintilla.
La chioma aurata e folta,
sparsa in crespi anelletti,
per lo collo e per gli omeri gli piove.
Par la guancia vermiglia
pomo da suo rampollo ancor non còlto;
ed or ch’estiva arsura
e pudica vergogna il coce e tinge,
di rossor doppio e doppia fiamma abonda.
De la lanugin prima
l’ombra dubbiosa e rara
sotto la bionda zazzera s’asconde.
Di verde persa e di vermiglia rosa
tenera treccia il crin leggiadro implíca,