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sará de’ primi poeti di questo secolo, a dispetto di quelli che vogliono ficcar il naso dove non debbono.

Scrivo con la staffetta all’ illustrissimo signor Cardinal di Cremona ed al signor cavalier Barbazza nostro. Aspetto il discorso sopra il luogo d’Omero. Ed a V. S. bacio le mani, priegandola a riverir da mia parte il signor Aleandri e ’l signor Falconio.

Di Napoli [autunno 1624].

CCXLVI

Al medesimo


Loda versi, dá notizie delle Strage degl’innocenti e ringrazia il Bonifacio e il Litigato dei sonetti scritti in sua difesa.

Ho letto piú volte l’ultimo foglio delle poesie di V. S., e per dirgliene il mio parere da vero amico, mi par che debbano recar maraviglia e diletto insieme agl’ingegni delicati, perché i suoi versi hanno spirito e maestá nobile e non caminano per la strada battuta dagl’ingegni plebei. Io le ammiro come gioie preziosissime. Vorrei bene che mutaste in tutti i modi il terzo verso del quinto sonetto, perché la metafora è ardita ed io non lodo tra composizioni cosi culte neanche i nèi, cheché se ne dicono gli altri. Cosi medesimamente leverei via l’addiettivo alla Dora. Questo è quanto m’occorre di censura, né posso né devo lodarle, perché questo uffizio appartiene al mondo, che ne sará il giusto giudice; ed io mi pregio che ne’ luoghi dove per sua gentilezza dice aver imitato alcuni stracci delle mie rime mi veggia inferiore nel mestiere dell’ ingegno al mio signor Bruni, purché mi ceda in quello d’amore e della vera amicizia.

10 sto dando l’ultima mano al poema degl ’Innocenti. Ne manderò a V. S. alcuni canti con l’altra posta, perché me ne dica il suo pensiero.

11 viceré mi fa al solito straordinarie accoglienze. Ed appunto ier l’altro venne da me il suo segretario ad offerirmi provisione da parte di S. E.; ma con tutto ciò non son corso all’incanto, perché non mi conosco meritevole e, per dirla, nella mia patria non vi desidero nemmeno il mio ritratto.