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CCXXXIV

Al signor conte Fortuniano San Vitali


Narra degli onori tributatigli a Napoli.

La lettera di V. S. mi è stata carissima, non giá perché fusse necessaria a farmi nuova fede della sua antica affezione, poiché ne son sicuro per molte prove; ma perché mi ha data occasione non meno di ridere della vana malignitá degl’inimici, che di godere del vero gusto degli amici, tra’ quali pongo V. S. nella prima fila, sapendo con quanto sentimento di parzialitá accompagna sempre le mie fortune. Se la speranza di cotesti poverelli che hanno sparsa la voce della mia morte non ha altra candela, andrá a dormire al buio, perché non fui giamai in tutto il corso della mia vita né piú sano né piú allegro né piú glorioso di quel che sono al presente.

Mi ritrovo dopo tanti anni di peregrinazione nella mia patria, ricevuto e accarezzato con tanti onori e con tanti applausi ch’io, che conosco assai bene i pochi meriti miei, resto pieno di confusione né posso non vergognarmi di me stesso.

Non conviene ch’io mi diffonda in raccontare i particolari, percioché le cose son cosi publiche che potrá averne relazione da mille bocche e da mille penne. Il signor viceré è quasi ogni giorno meco: mi fa favori non ordinari e dimostra di compiacersi della mia conversazione. Son prencipe di questa academia, con concorso frequentissimo di tanta moltitudine di titolati, di cavalieri e letterati, che veramente è cosa mirabile. La cittá, per usar meco gratitudine e lasciar qualche publica memoria di aver avuto un figliuolo che non l’ ha fatto disonore, tratta di voler farmi una statua con epitafio in nome di tutta l’universitá. Queste sono dimostrazioni non facili e non solite in questo regno, e da ogni altro sarebbono forse procurate con cento mezi ; ma Iddio sa s’io fo ogni mio sforzo per evitarne l’effetto, perché son molto alieno da si fatte ambizioni e mi basta essere stimato qualche cosa in casa mia contro la regola. Ho voluto darne parte a V. S., perché so con che vivo affetto sente ogni mia