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critici, ch’io abbia in un corpo pigmeo effigiate membra gigantesche; perché contro i loro cicalamenti e morsicature mi sono armato del tallone, a guisa d’ Ercole, e della sofferenza e del non curar si fatta gente.

Mi dispiacerebbe si bene che il signor Preti e V. S. si fossero insieme uniti a non voler sostentare una proposizione la cui disputa risultarebbe in mio onore, perché l’uno e l’altro di loro è da me singolarmente stimato e gli riverisco come due grandissimi lumi della nostra poesia, vedendo ne’ loro versi fiorir a gara tutte le grazie e le vivezze dell’eloquenza poetica. Ma passiamo ad altro.

Il signor cavalier Francesco Gualdi sará da me servato del sonetto che desidera sopra una di coteste sue antichitá, subito che mi vedrò di vena; il che farò per non mancar alla promessa, non giá per recar alcun ornamento al suo studio. Quella sera che noi ci fummo, è stata da me osservata piú eh ’altra, perché in una sola camera si vede raccolto il fiore del piú bello che dal seno dell’antichitá potrebbe altri giamai sperare. Certo è degno cotesto gentiluomo di grandissima loda, ed a gran ragione non viene in Roma curioso oltramontano che non voglia ammirar tante varietá di cose antiche e peregrine. Io me la fo in Posilipo e godo i frutti dell’estate ed un’aria temperatissima di primavera. Saluto gli amici e fra’ primi il nostro signor Aleandri.

Di Napoli [estate 1624].

CCXXXIII

Al signor Emilio Buonalingua


Discorre di diversi affari e invia riconoscenti saluti al Crescenzio.

Iersera fummo insieme lungamente in barca per Posilipo col signor duca di Zagarolo e vi era anche il signor duca di San Gemini. Gli feci le raccomandazioni di V. S., e mostrò di gradirle molto. Se ne sta per ordinario alla Torre dell ’Annunziata e non suol venire in Napoli se non per qualche occorrenza di Manichei.