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priego intanto V. S. a volermene essere mallevadore e fargli fede della confusione che sento in me stesso per non poter corrispondere con la debolezza delle mie forze a tanto eccesso di cortesia. Alcuni amici mi rappresentano l’effetto del negozio molto difficile; ma mi giova di sperar tanto nella efficace autoritá di cotesto signore, che potrá superare qualsivoglia difficoltá.

Ho trattato del particolare di V. S. con molte persone pratiche e versate in simili affari: insomma ritrovo la cosa molto piú difficile che Ella non crede, perché non vi è essempio che sia stato mai solito di concedere si fatte dispense. Con tutto ciò, io mi risolvo di parlarne al papa istesso; e poiché li preme questa facenda, non lascierò di usarvi ogni mio sforzo. E credami pure che si fará tutto il possibile; ma a lei non voglio dar chiacchiere.

Quanto a quell’amico, non so che mi dire. Dicolo perché questi giorni passati ho avuto a trattare seco di certo negozio, e l’ho ritrovato molto rustico, non ostante ch’io gli abbia fatto qualche servigio. Perciò non mi confido, né voiontieri mi riduco a pregarlo di cosa dove si tratta di suo interesse e di cui so che non ne farebbe nulla. Pure, se V. S. vorrá in ogni modo che io gliene parli, non lascierò di farlo, purché Ella accompagni l’officio che io ne farò a bocca con una lettera di suo pugno.

L ’Adone V. S. l’averá quando sará finita la stampa di Roma, la qual sará la piú corretta. E con tal fine, li bacio caramente le mani.

Di Roma 1623 o 1624].

CCXIX

Al medesimo


Ringrazia del dono di alcuni limoni e si scusa di non poter mandare un componimento poetico a don Antonio Carmignano.

Rendo infinite grazie a V. S. de’ bei limoni, i quali, poiché sono cosi eccellenti, voglio che vagliano per un regalo di un personaggio eminentissimo. Se il dono fusse stato di altra materia, certo io non mi sarei risoluto di accettarlo. Ma diceva un