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nella gola) temo ch’un giorno mi scanni, ovvero non m’affoghi una notte nel mio letto, il quale egli s’ha ancora accumunato con me, non bastandogli d’aversi accumunato la mensa. Egli si tiene da me mal soddisfatto non solo per lo mangiare ma del dormire. Poiché, non avendo il buon Sciapello da sei anni in qua voluto farmi rifare i materazzi, me gli ha lasciati pietrificare, benché, vaglia la veritá, il rifargli non avrebbe avuto luogo, essendo essi pieni di lana di capra. Ma questo è nulla a rispetto delle lenzuola. Egli, giá sono altrettanti anni, me ne dette tre paia per lo mio letto e due per l’altro, accioché io me le facessi lavare a mie spese, come ho poi fatto, ed egli guadagnasse la spesa mettendola a conto di V. E. Le tre paia mie erano insino allora vecchie e trasparenti; e non avendomele egli voluto mai cambiare, io son venuto guastandone alcune per conciarne alcune altre, si che finalmente esse si son tutte ridotte ad un solo paio, ma stracciate piú che la spoglia d’un fico brugiotto; onde il mio detto ospite borbotta, perché dorme con me fra due cenci. So che V. E. giá vorrebbe intendere chi sia costui, e come si chiami, e qual grazia da lei pretenda. Le dirò il tutto. Egli non è persona vera ma una fantasima, se bene par ch’abbia corpo. Si nomina Bisogno, e qualvolta s’infemminisce: insieme col mutar sesso muta nome, e chiamasi Necessitá. Quel ch’egli da V. E. domanda è una grazia sola, ma esposta differentemente e variata di due condizioni, accioché, se non si può concedere in un modo, si conceda in un altro. La qual grazia, se ben si chiede da lui, non è per lui ma per me; si che, quantunque paia ch’io sia ambasciador suo, la veritá si è ch’egli è ambasciador mio, ma per mio istesso mezzo, ché cosi ha voluto che si faccia. Non isdegni dunque V. E. di ascoltarmi, ma con quella solita flemma generosa che è proprio di lei. Perché, se bene il proemio è stato lungo, il resto non sará tale né si stenderá a proporzione di quello... [ continua domandando al principe o d’ elevargli la pensione mensile da dieci a dodici ducati, o di dargliene soltanto cinque, ma permettendo che egli si ritiri a Matera\.

[Di Roma, tra il luglio e l’agosto 1648].