Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/371

vecchi crediti che costi tengo cogli eredi del signor Pietro Magnani. Mi glorio, dico, di si soprabbondante grazia e con molta ambizione e giubilo, non ostante che l’istesso io abbia goduto in mia gioventú presso al serenissimo signor duca Ranuccio, suo padre, per diciotto anni continovi e mesi. Poiché, s’io considero non solo la diminuzion della mia persona, ch’oramai è inabile ad ogni cosa, ma in generale il deterioramento di tutto il secolo, non posso non rimanergliene obbligatissimo e con perpetova ricordanza di gratitudine e d’amore, vedendo che, ad onta di tanti contrari rispetti, il figlio non digenera dal padre ma patriza felicemente.

Vero è nondimeno che, trovandomi io esser adesso attuai servidore del signor principe di Gallicano, il quale, come ognun sa, è prigione in Napoli di S. M. cattolica, il tempo non mi pare opportuno da poter io accettare assolutamente la detta grazia senza mio biasimo, con tutto ch’essa sia per me onorevole e gloriosa. Poiché, amando io il detto signore per li suoi meriti e per l’essere da lui ottimamente trattato, se ora lo lasciassi non potrei fuggir nota di sconoscente e d’ingrato; il qual difetto fu sempre ed è lontanissimo della mia natura, quantunq íe per altro io mi confessi imperfetto e peccatore. Io veramente nel portarmi coi padroni non m’assomiglio alla rondine ma al cane. La rondine non per altro è stimata il geroglifico deH’amíeizia infedele, se non perché nella sua buona stagione abita coll’uomo e gli nidifica in casa, e poi nella trista

10 pianta e va a trovar migliore stanza. Ma il cane all’incontro,

11 quale è tenuto il simbolo del buon servidore, non lascia mai per estate o per inverno il signore antico, ma resta sempre saldo nel suo servigio, contentandosi di stare al bene ed al mal con quello.

Non rifiuto io per tutto ciò la degna proferta di si sublime personaggio, ché troppo scortese zotichezza sarebbe la mia e troppa inciviltá e sconoscenza; ma l’accetto con una ragionevole condizione: cioè che, se Dio mi fará grazia (come spero che pur fará, ed in breve) di poter veder libero il detto signor principe, e che il signor cardinale persista tuttavia nella sua