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impossiDile che non sien vere, stante il proverbio che «piú veggano gli piú occhi che non veggono i meno», e che «piú sappiano gli uomini che non sa l’uomo». Vera dunque debbe essere e fondata in effettivi meriti e reali la fama di V. E., mentre essa col mezo di tante bocche celebra in ogni luogo la persona di lei non solo per prudentissima e valorosa ma per sommamente buona e per dotta in eccellente grado. Onde giusta cosa è se 1 ’ E. V. in Vinezia gode oggidí tra i senatori il nome di «padre della patria» e nel rimanente d’ Italia e d’ Europa è tenuta unico protettor delle lettere e de’ professori di quelle, i quali di commun consenso l’hanno costituita come arbitro irrevocabile di tutte le letterarie occorrenze; a segno tale che fanno tra loro a gara a chi piú può servirla e piú onorarla cosi colle lingue coinè colle scritture, ricorrendo oltracciò nelle giornali occasioni non ad altro che al vivo oracolo della sua voce. Da questa sua gloriosa stima e riputazione io fui un pezzo fa quasi rapito ad amarla ed a riverirla, e da questa medesima sono ora persuaso a supplicarla per la presente che si degni d’accettar la picciola servitú mia ed in un tempo abbracciar la protezzion delle mie opere. Il bisogno della quale è giá cresciuto a si estremo termine, che ormai si può con piú proprio nome chiamar «necessitá», mercé de’ miei lunghi ed ostinati persecutori.

Sappia V. E. che ’l cavalier Marino (ch’ora sia in gloria e de’ suoi peccati goda perdono), perché professava pubblica nemicizia meco, conservò mentre visse segreto accordo ed occulto conserto col Ciotti e con altri librari e stampadori vineziani di tenere indietro essi miei libri dalla ristampa. Il che io seppi infin da principio per cosa sicura, si come avvisato che ne fui da piú lettere di fidati amici miei abitanti in cotesta cittá, e fra l’altre da una del signor Sebastian Veniero e da una del Malombra pittore; ma ultimamente me ne son certificato in tutto e per tutto da un contrassegno infallibile che ne veggo stampato. Questo è il secondo volume delle lettere del medesimo cavaliere, impresso dopo la sua morte, nel quale ne son molte dove egli maltratta me e le dette mie cose; ma una in particolare, che è a carte 117, dove egli scopertamente protesta ad