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qual mi dichiaro di non meritar nulla), ma per le ragioni gravissime ch’Ella vedrá esposte nell’incluso foglio. Presso alla qual Maestá, perché desidero che sia cosi commendata la mia buona intenzione come raccomandata la mia giusta pretendenza, ardisco di chiedere l’uno e l’altro ufficio all’ E. V. Ma non glielo chieggio coi meriti, ch’appo lei son pochissimi o, per meglio dir, nulli, ma coi meriti del sudetto signor conte, che so che son molti, il quale per sua bontá ne la pregherá con una lettera vegnente con questo medesimo spaccio. Restandomi io frattanto, invece di pregar lei, a pregar Iddio per la rimunerazione degli altissimi suoi meriti; quantunque ancor questo sia superfluo, mentre essi senza altro prego stanno testificati davanti al divino tribunale da due testimoni troppo piú autentichi che non son io: uno è l’amore che le porta il maggior re del mondo, e l’altro è l’opere sue proprie. Onde io mi resto solamente a farle umilissima riverenza e ad aspettare i frutti della benignitá sua.

Di Roma, 16 d’aprile 1628.

LX

A Sua Maestá cattolica il re Filippo quarto, a Madrid


Invia il Mondo nuovo .

Io composi in esaltazion della nazione spagnuola un poema intitolato il Mondo nuovo , il quale tratta la conquista dell’ Indie occidentali, dedicandolo al reai nome di V. M.; ed ora ch’esso è uscito alla luce, gliene invio riverentemente una copia stampata. Sua è la sudetta nazione, e sue conveniva che fussero le scritture fatte in lode di quella. Suo è il mondo nuovo vero, e suo era giusto che fusse il Mondo nuovo descritto, poiché sua è ancora la descrizzion medesima, essendo ella opera mia che son suo naturai vassallo, ed avendo la grandezza e degnitá del soggetto innalzato il mio picciolo ingegno sopra i confini della sua bassezza e fattogli far quello a che per sé non era idoneo. Sicché in questo presentare ch’io fo d’esso libro a V. M., non le arreco altro di mio che la devota umiltá con che lo presento.