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«andarvi il Discorso a tempo. Scrissi giá a V. S. ch’io non mi curava punto d e\V Essamina scritta contro di me. Ora lo replico di bel nuovo, pregandovi a non impedirla. Lasciate pur correre l’acqua all’ ingiú e che si scapriccino tutti, ché ben si rimarranno chiariti. Ho data un’occhiata a quel sommario d’opposizioni, < vi giuro che leggendo tante buffonerie ho riso un pezzo e m tengo da piú che prima, poiché il naso appuntuto d’un signoi critico cosi sottile non ha saputo trovare altro nelle mie cose, e mentre cerca di notare i miei errori discuopre le sue marce ignoranze. Ma vi assicuro che tanto questa quanto qualsivoglia altra squaquarata contro di me, uscita che sará fuora, non sará né letta né confutata; e starei fresco se volessi levar pur un’ora agli altri miei studi per dar soddisfazione a due pedantuzzi, che vorrebbono, come dice Cornelio, «magnis inimicitiis clarescere».

Vi priego per fine dal cielo ogni prosperitá.

Di Roma, adí 28 di luglio 1623.

CCVIII

Al signor Bernardo Castello


Accusa ricezione d’uno schizzo, attende un dipinto di Raffaello e annunzia l’elezione di Urbano ottavo.

Ho ricevuto lo schizzo del Cangiaso e ne rendo grazie a V. S. con tutto il cuore. Starò aspettando la mano di Rafaello, e la priego a non mancarmi, perché il mio ritorno verso coteste bande dubito che non sará cosi presto. Rispondo tardi, perché infino a quest’ora sono stato occupatissimo. Basta, lodato Iddio, dopo tante turbulenze di sedia vacante abbiamo un papa poeta, virtuoso e nostro amicissimo. V. S. mi saluti caramente il mio signor Castellino e ditegli ch’io mi maraviglio come non mi scriva. Le ricordo poi l ’ Annunziata piccola in un pezzetto di tela o di rame, ma con sua cominoditá. Con che finisco baciandole le mani.

Di Roma [dopo il 6 agosto 1623].