Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/322

se ben conservano i sentimenti, cambiano le voci e le frasi e la testura. La seconda è che tutte le deposizioni conformi de’ testimoni riesaminati piú d’ una volta sarebbono testimonianze false; perché, se ben dicono la medesima cosa, non la dicono quasi mai coll’istesse formate parole, stante la fiacchezza della memoria umana che rattiene i sensi e dimentica i nomi. La terza è che l’istoria sacrosanta de’ quattro evangelisti sarebbe bugia; perché, se ben gli autori narrano concordemente la vita di Cristo signor nostro, lo fanno con diverse frasi e con differente dichiarazione.

Ecco come il povero dottoraffio, per biasimar lo Stigliani, si riduce a poco a poco a rinegar la fede ed a dare in eresia. Il qual nondimeno Iddio convertisca, col farlo desistere primamente dalla cattiva volontá e poi dal suo filosofare in legge e dal suo legizzare in filosofia, come si dice d’ Erasmo, che grammatizzava in teologia e teologizzava in grammatica. Per lo qual confonder d’arti avviene a Graziano che i filosofi lo lodano solo per buon leggista, e che i leggisti lo lodano solo per buon filosofo, non volendolo intanto nessuno dal suo lato; in che veramente essi hanno ragion da vendere, mentre ambedue queste professioni, come ancor tutte l’altre, tengono che le parole son fatte in grazia della sentenza, e non la sentenza in grazia delle parole. Iddio, dico, il converta, acciocché dagli spessi gavilli ch’egli cava da questo suo doppio innesto di scienze, il quale è mostruoso ed incompatibile, non risulti piú l’aperto detrimento del prossimo, come ogni di risulta. Massimamente di quei suoi corrotti scolaretti, ch’egli volta comunque vuole; i quali, ingannati dalla sua sonora ciarla, gli fanno continovamente coda, seguendolo ad occhi chiusi come fa il cieco il suo cane, e sempre imparandone falsa dottrina. O se pure Iddio non vuol per ora convertirlo, almeno conceda a noi si lunga pazienza e si allegra, che sempre abbiamo a ridercene e non mai a crucciarcene.

Questo è quanto io rispondo contra la malvagia calunnia che Graziano va seminando in discredito della mia lettera. E dico «calunnia», perché, se ben so che l’errore è d’ignoranza, so