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coscienza dire quel che Claudiano nella sua maggior opera dice della scarsa ma bella figliolanza di Cerere:

. . . numeri damnutn Proserpina pensa t.

E giá insin da ora tengo promessa da un principal cavaliere, che vive in una grossa cittá di Francia, che in breve egli mi fará avere i detti sonetti di V. S. (ove sia vero che siano stati composti), perché se gli fará dar da terze mani a chi Ella suol communicar le sue cose; si come ancora per lo medesimo mezo avrò senza indugio la Galleria , la Sampogna e l’Adone, quando si saranno stampati. Anzi n’ho al presente tutti quegli squarci che V. S. si trova averne sparso manoscritti; perché (a dirgliela) non esce sillaba della sua penna che non pervenga in poco tempo alle mie mani, purché si confidi da lei ad uno o a due amici. Di modo che gran semplicitá io stimo essere il pensar di poter per molto tempo farmi le fica di sotto al mantello senza esser veduto, e di poter meco palleggiar senza aspettare il rimando. Perciocché, se V. S. sa comporre Smorfie,

10 so biscantar Zolfe, e forse non con molta inferioritá d’eccellenza allo scriver di lei; di che mi rimetto alla mastra esperienza ed al giudicio del mondo, per non dire al giudicio di lei medesima, che pur sa in sua coscienza d’aver poste nella Murtoleida molte facezie udite in vario tempo dalla mia bocca, quando noi per domestichezza scherzavamo insieme alcuna volta e ci motteggiavamo a vicenda.

Ma dove mi trasporta la troppa gelosia della riputazione? Che dico io? A che son io trascorso? Chi può dubitar mai della bontá del signor Marino? Io voglio in tutto e per tutto annullare

11 detto mio proponimento, siccome cosa che so di sicuro che non mi bisognerá. Voglio in tutto e per tutto credere che V. S. pensando meglio a questo fatto ed accorgendosi che i versili catori parmegiani e bolognesi procurano di farla bolzone degl odii loro verso di me, non s’imbarcherá senza biscotto di ra gione né senza savorra di prudenza. Non vorrá far parer ver. quella falsa voce, che s’è cominciata a levare in Italia per l’ac cademie de’ virtuosi e per li ridutti de’ letterati: cioè che non