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fondamenti dell’uno uso e dell’altro, io gli stenderò per ordine tutti e due.

Ma prima convien che concordiamo in determinar che cosa sia «gl» infranta e che cosa «gl» grossa, affine che tra noi non si ragioni invano, ma sopra principi accettati e consentiti. «Gl» infranta (conforme insegna il Salviati, e prima di lui la scuola de’ deputati del 1573, ed anco conforme accennano le VV. SS. istesse nel Vocabolario ) si è quella che sottilmente si pronunzia e quasi in suono di due «1»; come si sente in «maglio», vulgar di «malleus»; in «medaglia», vulgar di «inetallea»; in «aglio», vulgar di «allium»; in «begli», vulgar di «belli», da «bellus» aggettivo; in «quegli», vulgar di «illi», ed in simili; e come parimente la fanno sentir gli spagnuoli nelle loro due «1», dicendo «cast igt io» per «cast ilio», «viglia» per «villa», «oglia» per «olla», «sigila» per «siila» ed altri. «Gl» grossa si è quella che si proferisce non ammaccata ma con ambedue i suoi compiti suoni, come si sente in «gloria», in «negligenza», in «egloga», in «inglese», in «glicerio», ed in altrettali. L’infranta è una sola lettera per sé doppia, benché si scriva con due caratteri non suoi, per non avere il proprio; ma la grossa è due lettere separate, e di questa non si parlerá, la quale non è ora al caso.

Ciò stante, è proprietá di molti nostri nomi e di molti nostri verbi e d’altre parole il liquefar nella pronunzia la detta «gl» infranta, o le due «1», o la «1» semplice; cioè il farle diventar vocali e poi per mezo della sinalefa apostrofarle e tacerle, essendo l’apostrofo non altro che la nota d’essa sinalefa. Onde si come, per esempio, da «capegli» o da «capelli» si fa «capei» e poi «cape’», e da «tali» e da «quali» si fa «tai», «quai» e poi «ta’» e «qua’»; cosi da «togli» o da «tolli» o da «toli» (ché in tutti i tre modi si dice) si fa «toi» e poi «to’», e da «sciogli» si fa «scioi» e poi «scio’», e da «accogli» si fa «accoi» e poi «acco’», e da «meglio» si fa «meio» (come dicono i lombardi) e poi «mei» e poi «me’», usati da buoni scrittori, non meno ch’in verso, in prosa. Né ciò dee parere strano, mentre il mutar la «1» in «i» è tanto naturale,