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signor conte Alessandro Sforza e signor conte Galeazzo Scotti, che una sera ne lo ripresero nell’anticammera di V. A. medesima. L’altra ragione, che nell’andar a spasso io non fui l’invitatore ma l’invitato; il che s’attesta dal sopradetto Malossi pittore. E l’altra è che l’offensore, prima che s’arrivasse al luogo della questione, non volse per istrada venire a paro con me, ma sempre venne da trenta passi dietro, ragionando bassamente coi compagni; e ciò, oltra che sta attestato, non si niega da lui medesimo.

Il secondo capo, che è la provocazione, si prova col solo testimonio che v’era presente, il quale è il Tagliaferro che lo dice a chiunque nel richiede. Poiché gli altri due (dico il Giavardi e ’l Querenghi) sono da me non solo dati per sospetti ma per complici, siccome confermarono essi istessi, prima coll’aiutar l’offensore e dapoi col fuggirsene via in compagnia di quello e starsene ritirati piú d’un giorno a San Francesco; dove ancora starebbono, se il capitan Cremona non consigliava loro ch’uscissero a passeggiare per non farsi rei da sé.

Il terzo capo, cioè che il colpo nel braccio mi fusse dato innanzi ch’io compissi di sfoderare, si prova similmente col testimonio sopranominato e col luogo della ferita, il qual non discorda, essendo una coltellata sopra il traverso d’esso braccio tra il polso e ’l gomito.

Il quarto capo ed ultimo, cioè che la ferita del petto mi si desse poi ch’io cascai, si prova con queste ragioni: dalla fede che ne fa il predetto testimonio, dico il Tagliaferro, e ne la fanno anco Giulio Cesare Panini e Vitale Diemo e Parmenio Calestani, ch’erano corsi al rumore; dal sito d’essa piaga, la qual, passando da banda a banda, comincia alta davanti e finisce bassa di dietro; aperto indizio che l’offensor, quando mi tirò, fusse superior di luogo, mentre di statura è minor di me.

Non voglio però, per tutte queste cose c’ho dette, ritrarmi da quanto ho promesso di sopra, quando affatto mi son rimesso al puro arbitrio di V. A; ma ho semplicemente esposte le mie veraci pretendenze, con lasciar ch’a lei tocchi di riformarle a suo modo, se ben credo e so che non vi sia pure un