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riposi. Fa stupire e tremare, vince prima che combatta, ottiene piú trionfi che non dá assalti e signoreggia piú animi che non acquista terre. Il suo petto è nido della fortezza, il suo cuore refugio della clemenza, la sua fronte paragone della maestá, il suo sembiante specchio dell’affabiltá, il suo braccio colonna della giustizia, la sua mano fontana della liberalitá. La sua spada infocata di zelo par la spada del serafino, che discaccia dalla sua casa i contumaci di Dio, onde il mondo che gli applaude e che ha delle sue magnanime opere incredibile aspettazione, con voce universale lo chiama intelligenza della Francia, virtú del trono e dello scettro, angelo tutelare della vera fede, poiché angelico veramente è il suo aspetto, angelico il suo intelletto ed angelica la sua innocenza. Cosi la somma pietá di quel Dio, il quale lo regge ed il quale egli difende, guardi la sua vita ed allontani dalla sua sacra persona la violenza del ferro, la fraude del veleno e la perfidia del tradimento, come in lui si adempiranno appieno tutte le condizioni di perfezione che mancarono negli antichi Cesari. E trattandosi in questa guerra santa dell’interesse pur di Dio, non mancheranno a quella infinita sapienza modi da terminarla a gloria sua e con riputazione d’un re si giusto. Quanto poi alla parte che tocca a me, debita ancora non che ragionevole stimo io questa dedicatura, accioché se nell’uno abonda cortesia, nell’altro non manchi gratitudine. Ma con qual cambio o con qual effetto condegno corrisponderò io a tanti eccessi d’umanitá, i quali soprafanno tanto di gran lunga ogni mio potere? Certo non so con altro pagargli che con parole e con lodi in quella guisa istessa che si pagano le divine grazie. Ben vorrei che la mia virtú fusse pari alla sua bontá, per potere altrettanto celebrar lui quanto egli giova a me. Percioché si come i suoi gesti egregi, quasi stelle del ciel della gloria, influiscono al mio ingegno, suggetti degni d’eterna loda; cosi i favori ch’io ne ricevo, quasi rivoli del fonte della magnificenza, innaffiano l’ariditá della mia fortuna con tanta larghezza che fanno arrossire la mia viltá, onde rimango confuso di non aver fin qui fatta opera alcuna per la quale appaia il merito di si fatta mercede. Potevano per aventura da questa oblazione distormi